In volo oltre le stelle

Lassù, in alto nel cielo infinito, i Venti portavano voce di tutti gli avvenimenti che accadevano intorno alla terra. Tempestosi come erano si divertivano a soffiare raffiche di storie scaldando le menti dei più inquieti. Raccontavano che gli umani amavano le stelle luminose e le usavano per orientarsi la notte. Dicevano che gli innamorati dedicavano pensieri d’amore al cielo sperando che le stelle li esaudissero. Ma raccontavano anche che gli umani amavano la luce del giorno perché il buio era la loro più grande paura.

La Notte, che aveva una lunga vita alle spalle, sapeva che le chiacchiere dei Venti suscitavano emozioni contrastanti alle sue piccole amiche e così occupava il loro tempo in faccende più importanti per proteggerle delle dicerie delle malelingue. Ma c’era una Stella che faceva sempre e solo ciò che voleva. Quando le sue sorelle andavano in un lato del cielo lei si spostava su quello opposto per avere più spazio. Quando le sue sorelle volevano fare un gioco assieme lei insisteva perché facessero quello che voleva lei. Quando le sue sorelle alimentavano il proprio bagliore lei consumava l’energia a disposizione. La Stella voleva essere rimirata dal mondo intero. Voleva essere diversa: più bella, affermata e stimata.

“Stella quando la smetterai di ascoltare cose che non ti riguardano?” le domandò la Notte scovando la Stella intenta ad ascoltare i Venti.

“Io credo che in fondo dicano la verità!” replicò infastidita dal disturbo.

“Fidati di chi è più grande di te…gli esseri umani non cercano la luce del sole, solo le stelle. La luce del giorno è per loro un passatempo…”

La Stella non era per niente convinta di ciò che la Notte raccontava. In segreto, infatti, aveva scoperto che gli umani grazie alla luce del sole potevano coltivare, pescare, cacciare. Potevano vivere!

Se io mi avvicinassi sempre più al sole potrei diventare ancora più splendente! Sarei indispensabile e tutti mi vorranno! pensò la Stella posizionandosi nel suo spazio preferito.

Decise di provare nel suo intento ma, come ogni volta che tentava di raggiungere l’azzurro del cielo mattutino, la Notte tirava il suo manto scuro e la riportava a sé.

“Ognuno di noi ha un posto!” ricordava alla Stella. Il problema era che la Stella non sapeva quale fosse il suo.

Passò il tempo e la Notte si accorse che la Stella era sempre più fastidiosa con le sue sorelle. Quando queste si lamentavano la Stella scappava lontano, ammaliava nuovi gruppi di stelle diventava la più luminosa e seducente, rideva, ballava e scherzava di tutti ma poi scappava ancora.

La Notte sapeva che la Stella non era felice.

Nei suoi lunghi anni la Notte poche volte aveva ricorso a questa scelta. Ma sapeva che tenendo la Stella stretta a sé l’avrebbe condannata a una vita dissennata. Scesero lacrime di pioggia a bagnare la terra poi, nel silenzio della tranquillità, la Stella venne presa da uno sciame di particelle rocciose che volteggiavano sempre più freneticamente intorno alla sua aurea.

“Arrivederci amica mia.” disse triste la Notte.

“Lasciatemi! Cosa volete da me?” gridò spaventata la Stella.

“Liberarti da ciò che non ti appartiene…” risposero in coro le particelle mentre con un turbinio irrefrenabile schizzavano insieme alla Stella oltre il manto sicuro della Notte per volare sempre più lontano. Sempre più veloce. Sempre più lontano. Sempre più veloce. Fino ad esplodere con un gran boato sulla terra.

Il vento soffiava davvero sulla terra. Però non parlava. Sembrava portare con sé tutto quello che trovava. Le persone passavano, parlavano, ammiravano il cielo stellato. Osservandole si rese conto che le persone non avevano paura del buio. Avevano paura della solitudine. Come lei non volevano stare sole per questo passeggiavano in compagnia. Poi la luce del sole iniziò a scaldare il suolo. Una sensazione nuova e più piacevole del freddo dell’oscurità. Oh lo sapevo che il vento non mentiva del tutto! pensò tra sé e sé. Certo che questo sole fa davvero caldo! si disse iniziando a sudare.

Il suo luccichio richiamò l’attenzione di un bizzarro signore. Magro come uno stecchino e con due grandi occhiali sul naso lungo si chinò a terra per vedere di cosa si trattava. Il camice bianco si coprì di una patina dorata. Prese la polvere luccicante tra le sue mani. Era calda, setosa e manipolandola coprì la scottatura che si era procurato in laboratorio.

“Svelto andiamo!” urlò dal fondo della strada una signora destreggiandosi tra due monelli.

“Arrivo, arrivo…” rispose ponendo un po’ di quella polvere nella tasca del camice.

“La tua pausa è terminata, non vorrai metterti nei guai!” lo rimproverò la donna mentre uno dei figli prelevò parte della polvere dalla tasca del padre nascondendola in un piccolo zainetto.

“Non fare tardi questa sera, sai che i bambini ti aspettano.”

“Lo so tesoro, lo so!” disse l’uomo bizzarro baciandola e salutando i bambini.

In realtà la sua testa viaggiava altrove da mesi. Non riusciva a trovare la combinazione di elementi per debellare la malattia. Tutti i tentativi fatti erano falliti e ormai la sua ricerca era agli sgoccioli. Lui che lottava per un altro esito si rintanava in laboratorio per non ammettere il fallimento davanti a tutti, per non vedere quegli occhi sofferenti che non era capace di sostenere.

“Se almeno una stella mi avesse ascoltato!” imprecò gettando le ampolle per aria.

Dalla tasca sentì un’improvvisa ondata di calore. Infilò la mano e solo toccandola ricordò di avere portato con sé un po’ di polvere. Tornò alla scrivania, aprì uno dei mille manuali e prese una penna per trascrivere una formula su… sul palmo della mano perché nell’immenso disordine non trovava nemmeno un foglio. Li per lì non ci fece caso. Poi riguardò e se ne accorse: la scottatura era sparita.

Una nuova energia lo pervase, riprese i suoi intrugli chimici e non uscì dal laboratorio per molto tempo.

Tornò che era tardi. Si aspettava una moglie in collera, la cena nel cestino, i bambini disperati in attesa della loro storia preferita sullo spazio e le stelle. L’unica certezza era sapere suo padre dormiente, ormai incapace di reagire agli stimoli del mondo circostante. Invece aprì la porta e trovò tutti distesi in salotto e guardare il soffitto. Una distesa blu punteggiata da polveri dorate costruiva la galassia che aveva sempre immaginato. I bambini erano incantati. Sua moglie abbracciava un cuscino nascondendo la commozione. Dopo un’infinità il vecchio era sveglio e raccontava quella storia. La stessa storia che l’uomo bizzarro ascoltava da bambino mille e mille volte per addormentarsi.

“Papà papà guarda!” esclamò uno dei bambini vedendolo entrare.

“Come è possibile?” chiese senza parole.

“Abbiamo lanciato in aria la polvere del mio zaino, il soffitto si è riempito di granelli e sono caduti anche in testa al nonno. La mamma si è arrabbiata ma poi…una magia!” rispose incredulo l’altro.

“La polvere di stelle…” sussurrò l’uomo toccando la tasca del camice.

Quando testò il farmaco riuscì nel suo intento. La malattia era scomparsa e il suo brevetto fece del bene a tante persone.

Nel frattempo tutti coloro che erano passati dalla strada e avevano coccolato la Polvere di Stella erano stati baciati da una nuova aurea.

Un giorno la Notte accompagnò il Vento che avvolse la Polvere di Stella.

“Cosa fai, dove mi porti?” chiese la Polvere di Stella.

“In un posto in cui potrai brillare di più!” rispose il Vento.

“Lasciami qui non vogliono andarmene!” disse la Polvere di Stella cercando con tutte le sue forze di rimanere ancorata al suolo.

“Posso far brillare gli altri con la luce della mia polvere!” si disperò la Polvere di Stella.

Il Vento si placò e una voce conosciuta accarezzò la Polvere di Stella.

“Amica mia…” intervenne la Notte “ora hai trovato il tuo posto nel mondo! Lasciati cullare dal vento perché ti porterà dove non avrai paura, dove non sarai mai sola.”

A queste parole la Polvere di Stella si fidò e ringraziò la Notte per averle concesso un futuro migliore.
La Notte vide la Polvere di Stella alzarsi in volo nel cielo pronta per volare su nuove avventure che richiedevano la sua luce e che non l’avrebbero fatta sentire sola.

La Notte ora sapeva che la sua amica Stella era felice.

 

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